Un nuovo studio che individua nelle alterazioni del linguaggio un segnale precoce del decadimento da Alzheimer e dunque un importante spia per la sua diagnosi tempestiva: è quello recentemente pubblicato sulla rivista Eclinic Medicine e condotto da IBM, Watson Reasearch Center e dalla multinazionale farmaceutica Pfizer.
La ricerca ha dato luogo a un’analisi linguistica automatizzata svolta attraverso l’uso di computer sofisticati che hanno analizzato le descrizioni formulate dai pazienti coinvolti posti di fronte ad alcune immagini. Ad essere valutati sono stati fattori quali la verbosità, ricchezza del lessico, numero delle parole, ripetitività delle parole, errori di ortografia, distribuzione delle parole e delle sequenze delle parole, complessità sintattica e semantica: tutti utili, a quanto pare, a metterci in guardia e diagnosticare l’Alzheimer in anticipo.
Come sappiamo, l’Alzheimer è una malattia che non presenta sintomi specifici e riconoscibili perché le sue manifestazioni sono del tutto sovrapponibili a quei disturbi caratteristici dell’età avanzata e solo il progressivo peggioramento ci fa sospettare la sua effettiva presenza. Il sospetto di trovarci di fronte all’Alzheimer può sopraggiungere quando le défaillance coinvolgono la memoria recente, le informazioni importanti, oppure quando si chiedono ripetutamente le stesse cose. Il calcolo e le difficoltà ad esso legate possono essere un altro segnale, insieme a quelle relative alla pianificazione, alla perdita di orientamento, alla capacità di ricordarsi consuetudini e cose familiari oppure le regole di un gioco. Infine, tipica della patologia, è la tendenza ad abbandonare oggetti di uso quotidiano in luoghi incongrui, ad arrabbiarsi per qualcosa che non si trova più e che si ritiene essere stato rubato, a curare meno il proprio aspetto e la propria igiene personale, a chiudersi in se stessi manifestando stati d’ansia e/o depressione.
Finora i sintomi individuati riguardavano perlopiù la memoria recente e le funzioni legate a programmazione ed esecuzione di compiti complessi, insieme ad alcuni disturbi dell’umore. Il riconoscimento del linguaggio come come possibile “spia” precoce dell’Alzheimer, se confermato, potrebbe costituire una tappa importante nello studio di questa patologia, e fornire nuove speranze in merito al suo trattamento.